L'altro giorno l'ho fatto.
Primo sgarro in 55 giorni.
La sensazione è stata quella di essere una nuova versione di Sante Pollastri, bandito su due ruote.
Ho preso la bici, ho messo la mascherina con le matite colorate, e sono andata a recuperare i cavi per far ripartire la batteria della macchina, a casa dei miei genitori.
Un tragitto di circa 10 km a/r circa, passando attraverso paesi fantasma e campi coltivati.
Sotto sotto, mi é sempre piaciuto questo posto in cui abito, la linea di confine fra varesotto e bassa comasca.
A ben guardare, con oggettivitá, c'é poco/niente da amare qui. Una serie di paesi che si sussegue senza differenza, piatti e arrabbiati, ingolfati di lavoratori che tornano a casa stressati dalla metropoli.
Ci sono due cose, però, che mi danno motivo di vanto, stando qui: la catena del monte Rosa che dal mio balcone sembra un tutt'uno con il Campo dei Fiori di Varese e il parco Pineta.
Un polmoncino verde che mi fa prendere una boccata di aria fresca, che sciacqua il marciume del traffico, il cemento, il grigio che se ne va in giro ovunque, tipo blob.
Negli anni mi ha regalato incontri speciali di fauna libera.
Ho potuto ascoltare il martellare di picchi neri e verdi, appostati su alberi di amarene alla ricerca di piccoli insetti; ho visto uno scoiattolo scendere allegro da un albero, in giardino, dopo una nevicata di dicembre. Ho incontrato volpi, cervi che attraversavano in maniera placida strade super trafficate all'ora di punta, mostrando regalità, calma e imponenza, bloccando tutto in maniera surreale.
Ho avuto paura ogni sera, per due mesi di fila, di investire cinghialotti ribelli su un certo tratto di strada (dove ho assistito triste al funerale di un notevole esemplare di tale suino, con corteo funebre di pensionati fotografanti).
L'altro giorno, grazie al silenzio di questo tempo, ho potuto ascoltare il canto di un cuculo, per la prima volta, nei campi liberati dall'inquinamento acustico.
Non mi era mai successo anche se, durante i mesi di maggio, ho spesso teso l'orecchio, alla ricerca della sua melodia.
Come al solito, la mia immaginazione su questo uccello é stata nutrita, negli anni dall'immaginario collettivo.
"Qualcuno volò sul nido del cuculo", di Milos Forman (che spero chiunque stia leggendo ora lo abbia visto), ma più che altro "Moonrise Kingdom" di Wes Anderson (quando ancora faceva film che mi piacevano), in cui vi é la traccia "Cuckoo", composta da Benjamin Britten intorno agli anni 30, e contenuta in una raccolta di brani molto bella, chiamata Friday Afternoons.
Cuckoo, Cuckoo, what do you do?
"In April I open my bill;
In May I sing night and day;
In June I change my tune
In July Far far I fly;
In August away I must."
Cuckoo, Cuckoo!
É stato solo un momento, in mezzo a campi di grano ancora bambini, ma di quelli che per molto tempo scorrerá nella memoria, come un monito: quanto sta bene la natura, quando viene rispettata? quanta poesia riesce a dare, senza nessuna pretesa, come un regalo?