"La felicità è un ponte, sotto cui stanno i coccodrilli".
É un'autocitazione, nonostante la frase non sia mia, bensì di Stephen Dunn. La definisco tale perché me ne sono appropriata, qualche anno fa, per un dipinto su tavola.
Continuo a condividerne il senso profondo, ma oggi la interpreto un po' diversamente.
Dato che le citazioni mi piacciono molto (che ovvietá), mi va di riportarne un'altra.
Quando siete felici, fateci caso.
In realtà, questo é il titolo di un libro, letto qualche anno fa.
É una raccolta di discorsi tenuti dall'autore Kurt Vonnegut, per la chiusura degli anni accademici di svariate univeristá americane. Direi una lettura un po' ripetitiva alla lunga, ma di buon auspicio e decisamente motivante e leggera.
Si era un po' perso, questo titolo, nell'archivio dei ricordi in cui metto i titoli dei libri, nascosto sotto ad altri più recenti, anche se meno altisonanti.
La felicitá non é stata al centro dei miei pensieri, ultimamente, anzi, ammetto che ho avuto a lungo pensieri negativi, rimbombanti e altisonanti, dei mantra tristi in testa; nonostante io sia stata una privilegiata, nella vita fino ad ora, non sono mai stata realmente felice.
Forse questa malinconia-melanconia è insita nell'indole di chi ha un temperamento artistico, o almeno la pretesa di averlo. E la cassa di risonanza di negatività aumenta esponenzialmente tanto più l'abilità manca di riconoscimento.
Che piagnisteo, suvvia..
Mi vergogno enormemente di questa idea e di averla formulata, figuriamoci l'imbarazzo che sto provando nel trascriverla cosí spudoratamente. Putroppo cado in preda allo sconforto, di fronte a certe situazioni.
Ho ritrovato il libro di Kurt V. lo scorso venerdi, mentre gironzolavo in libreria, allo Spazio Libri la Cornice, il giorno precedente alla famosissima prima edizione del mercatino messo in piedi nel cortile esterno del suddetto Spazio. Le premesse erano delle peggiori: condizioni climatiche infami, la pioggia, cataclisma o salvatrice, che non é caduta per tre mesi, sembrava volerci rovinare la festa.
Ce ne siamo un po' sbattuti e, con grande sostegno dei partecipanti, abbiamo avuto la meglio (ci siamo inzuppati nello smontaggio, ma suvvia, poco male).
É stato facile trovare la felicitá, lo scorso sabato, sotto ad un cielo leggermente nuvoloso ma in mezzo a gente stupita e allegra.
Non ho trovato in me del cieco ottimismo, improvvisamente. Riconosco ancora la precarietá dell'emozione.
La condivisione dei saperi che arriva dai miei amici artigiani e illustratori, che producono tanta bellezza e diversitá con le loro mani, mi ha però smosso un po' l'animo, che se ne stava mesto e assopito, abituato ad una tristezza e ad una mediocrità ormai troppo costanti.
Oggi voglio inventare una mia frase, una citazione di me stessa, che non é altro che descrizione di una fotografia: la felicità è un tavolo su cui siedono le giraffe (in un lunedí al gusto di vacanza).
L'ho realizzata in cartapesta e, anche lei, sabato é stata al mercatino insieme a noi. Protagonista di uno scambio che mi é valso un maglioncino in cotone vegano non mercerizzato di Candorlanae (Rita, due delle quattro mani dietro al progetto, la desiderava da tanto tempo. Le altre due mani sono di Paola, la sua nuora <3 )
Ringrazio i miei amici creatori di cose belle che, spesso, nel mondo del fatto a mano, si imbattono in ignoranza e scarsità. Li ringrazio perchè vanno avanti, sostenuti da chi, nella folla dei limitati, riesce a riconoscere il valore di questo mondo diverso, alternativo e anarchico, che alle volte somiglia più ad un'utopia.