Mi chiamo Anna Canavesi, ma qualcuno mi chiama Cannuzz e qualcun'altro Bic Indolor.
Quest’ultimo, effettivamente, è il nome che ho scelto di attribuire al mondo che, da dieci anni circa, metto su carta.
Il nome si rifà ad uno spot anni 80, “Pic...indolor, già fatto??”, che pubblicizzava delle siringhe (siringone, guardarle ora mi fa venire l’ansia) e materiale farmaceutico, la cui caratteristica era incentrata sull’essere più delicate, appunto.
Bic Indolor va di conseguenza. Non guarisco con una siringa ma con una penna.
Mi piace pensare che il disegno sia, prima di tutto, il mio rifugio, a shelter from the storm, in cui la tempesta è multiforme, ma nasce in primo luogo dalla noia della ‘realtá’.
I soggetti “Bic” per eccellenza sono gli animali, non solo per un valore estetico ma per una più profonda riflessione,
sorta dopo aver letto un saggio molto bello di John Berger ‘Sul Guardare”.
Il tema, o almeno la mia interpretazione di esso, è lo scambio di sguardi non reciproci fra uomo e animale,
ridotto a presenza muta, mutevole e instabile.
I miei animali vogliono indossare camicie (nella vita vera sono una textile designer), sciarpette e ciabatte, suonano il banjo e recitano poesie, perché quella distanza incolmabile che il mondo moderno ha eretto nei loro confronti,
la vorrebbero proprio colmare.